“SOGNI AD OCCHI APERTI…fantasie di ieri”

© di Andrea Sardi

-INSERTO SPECIALE SOGNI-

CAFE’ DOMINGUEZ – Anche quello che sto vivendo in questo istante è un sogno: volti di uomini e di donne seduti qua, attorno a me, a conversare: i volti di Enrique, Francisco, Homero, José, delle ragazze delle loro poesie. Ci troviamo, di tanto in tanto, e in quel che mi raccontano vedo riflesse luci ed ombre dalla mia anima, speranza e delusione del mio cuore.

Dove sono quegli amici di anni lontani, il mio primo amore, la mia prima promessa? Cosa ne è di quel tempo infinito che s’apriva davanti a me, lunga strada da percorrere lungo la quale avrei potuto sostare a volontà, giocare, perdermi per sentieri sconosciuti per poi ritrovarmi? Non nego, spesso ho sentito che il tempo trascorreva, inesorabile. Eppure mi sembrava che ve ne fosse ancora così tanto!

C’è un volto che mi fissa in questo momento, il volto di una ragazzina dallo sguardo impertinente e seduttore, che si tramuta in quello di una donna matura, di cui, per pudore, non pronuncio il nome.

Sogni ad occhi aperti… fantasie di ieri… vent’anni… l’illusione di camminare ed esplorare… La giovinezza felice è venuta a bussare alla porta di entrambi e siamo andati a caso… Il mondo ci ha attratto e quando camminavamo, tu ed io, eravamo veramente felici… Su tutti i binari c’era un treno che ci conduceva, sempre sognando, ad un binario…. Come ho sognato di baciarti a Parigi… e oggi, quanto piango quando vedo i tuoi capelli grigi…” [Ensueños, Tango, Música: Luis Brighenti, Letra: Enrique Cadícamo]

Siamo tutti andati verso il nostro futuro con speranza, comunque fosse il presente, qualunque fossero le nostre paure, a volte chiedendo conforto alle persone più grandi, o condividendo le nostre pene ed i dubbi con i nostri amici più cari. Sia come sia siamo andati avanti, pensando di vivere la nostra vita e sognando spesso una vita migliore. Alcuni sono rimasti ancorati alle loro radici, altri, come me che forse radici non ho se non in me stesso, si sono lasciati trascinare da un flusso inspiegabile, illudendosi di scegliere di volta in volta un nuovo cammino.

Avevo vent’anni e già volevo viaggiare per il mondo che mi entusiasmava; la mia povera vecchia nella sua pena pianse di dolore e sulle ali del mio sogno lasciai la casa. Dubitavo del mio futuro e sebbene il saggio avesse detto che era buio, ho continuato con fede. Ho sognato al suono dei miei primi anni ma mi sono svegliato … Sogno amato, la tua carrozza è passata per sempre, te ne sei andato e non tornerai…” [Sueño querido, Tango 1932, Música: Ángel Maffia, Letra: Mario Battistella]

E’ un flusso inesorabile che mi trascina ancora, neanche più lasciandomi la convinzione d’essere io a governarlo, tant’è che lo assecondo, di tanto in tanto facendo appena resistenza, un flusso che mi spoglia a poco a poco d’ogni illusione, plasmandomi come un ciottolo trascinato suo malgrado a perdersi nell’oscura profondità del mare. Mi comprendi, no?

Il Destino o il Fato paiono distruggere tutti i nostri sogni, per poi forgiarli in un unico Sogno Collettivo che chiamiamo Vita, illudendoci di contraddistinguerla come reale e vera, relegando al Mondo del Sogno solo le nostre speranze e le scorribande notturne della nostra misteriosa psiche. Talvolta persino chiedendo a questo Mondo di accogliere, con una pietosa menzogna, ciò che ha spezzato l’illusione, anziché l’illusione stessa.

“… leri sera ti ho avuto di nuovo con me. Perché ti ho incontrato se, dopo tutto, eravamo due estranei che guardavano il passato? Tu non sei la stessa di allora e neanche io… Gli anni! … la vita!… Chissà cosa!…Una volta per tutte meglio la franchezza: io e te non possiamo tornare indietro.… Faremo finta che tutto sia stato un sogno … ci rimane la consolazione di continuare a credere che non siamo cambiati. Io ho un’immagine di quei vent’anni … Voglio vederti sempre bella come allora: quello che è successo ieri notte è stato un sogno non più…” [Paciencia,Tango 1937, Música: Juan D’Arienzo, Letra: Francisco Gorrindo]

Ostinatamente scegliamo di restare inconsapevoli, continuiamo a sperare nella realizzazione nostro narcisistico sogno, cercando di evocarlo e dargli vigore persino ricorrendo alla sua negazione, provocando così quel Fato beffardo che ancora non è riuscito a spegnere l’ultimo barlume di speranza, quasi a chiedergli una riprova del contrario delle sue dure leggi.

Arriva il vento del ricordo, nell’angolo del mio abbandono, e tra la polvere morta del passato è tornato anche il tuo amore … Non sogno più che tornerai al fallimento della mia vita né che nel palpitare del tuo cuore io trovi la voglia di andare avanti… ” [Abandono,Tango, Música: Pedro Maffia, Letra: Homero Manzi]

Forse, a volte, sembra che iniziamo a divenire consapevoli del segreto lavorio di Fato e Destino, riconoscendo, almeno nel passato, l’illusorietà del nostro vivere, di scorgervi l’immagine del Sogno Collettivo che racchiude quei momenti così intensi che parevano davvero “vita vera”.

“… Vecchi tempi, carovana in fuga dove sei? Tempo fiorito che desidero per i tuoi sentieri di oblio visioni di viaggio che piango, caro sogno che te ne vai…” [Recuerdo malevo, Tango 1933, Música: Carlos Gardel, Letra: Alfredo Le Pera].

Altre volte ci consoliamo nella apparente circolarità delle stagioni del vivere, eredità di una cultura antica, campestre: alla prospera estate di illusioni, segue il malinconico autunno, che le vede svanire, e poi l’implacabile inverno che svela la nuda verità, annientandole, e la primavera, quando altre chimere fioriscono. E’ solo l’Illusione Totale d’un vivere ciclico, che non ha principio né fine, quindi irrealmente eterno, forse l’Illusione più grande, la più pietosa che il fato ed il Destino ci lasciano. O il più crudele, perfido inganno.

“… Altri sogni saranno, sarà un altro nome. Ci saranno altri incontri e altri addii. Cambierà tutto, tutto, ma sempre nella mia vita colpirà lo stesso dolore. Dolore delle tue parole che non saranno mai nella mia canzone. Dolore delle mie mattine senza le tue risate, dei miei giorni senza il tuo amore. Dolore a distanza irrimediabile che ha segnato l’addio. Dolore, sempre dolore, come una mano ostinata che stringe il cuore…” [El mismo dolor, Vals, Música: Enrique Francini, Letra: Carlos Bahr].

Tuttavia è un’Illusione fragile, da cui scaturisce, raggiunta la consapevolezza della sua vera natura, quel dolore che “come una mano ostinata stringe il cuore” e che porta a dire che

“… La vita è una ferita assurda ed è tutto così fugace che è una sbronza, nient’altro, questa mia confessione!…” [La última curda, Tango 1956, Música: Aníbal Troilo, Letra: Cátulo Castillo].

L’Amore ci dona il coraggio di andare avanti, nella metafora della Vita, una strada che per molti non lascia intravedere la possibilità di realizzare i propri piccoli sogni, e pare dare un senso al nostro essere anche quando s’allontana da noi, incarnato nella persona amata. Lo rincorriamo, rincorrendo lei, almeno nel ricordo, talvolta solo stando seduti davanti ad un bicchiere di vino, soli, o in compagnia degli amici più cari, prendendo consapevolezza che non solo ciò che speriamo, ma anche le stesse cose che viviamo, il nostro presente sognare, sono solo una chimera.

L’amore che ho perso, eppure lo sto ancora cercando, è vivo nella mia carne sofferente e lo sento nelle mie vene bruciare. Nella mia coppa la vedo sorgere, il suo volto… sorridente, e unendo la mia bocca alla sua immagine, a bacio… la assorbo… la sento ubriacare. Si chiama la Via senza Sogni, ed io cerco un po’ di alcol e d’illusione ancorato al bancone del bar. Illusione di trovarla nel miracolo di un folle miraggio, di sognare ancora che mi ama e che niente ci separerà. Ma poi quella folle chimera si fa beffe… svanisce… e di nuovo tutto rotola nell’abisso e io sono più triste a bere al bar…” [La calle sin sueño, Tango, Música: Lucio Demare, Letra: Enrique Cadícamo]

La condanna più dura è poi, vivere il contrasto tra il Sogno Collettivo, assimilato a realtà, e quel nostro piccolo sogno passeggero, che sfuma nel primo e si contrappone al suo proprio passato.

Siamo lì, percorrendo quel piccolo sentiero, un tratto della strada della Vita, che un tempo abbiamo percorso con lei, e nelle ombre del presente emerge l’immagine di come quel sentiero era una volta che va a contrapporsi alla desolazione del sogno perduto: malinconico, piccolo sogno che s’immola nel Sogno Collettivo che ci avvolge, svelandoci il segreto stesso del vivere.

“… Piccolo sentiero che il tempo ha cancellato, che insieme un giorno ci vedesti passare, sono venuto per l’ultima volta, sono venuto a raccontarti il mio dolore. Piccolo sentiero che un tempo eri ricamato di trifoglio e canne fiorite, un’ombra ben presto sarai, un’ombra così come me…” [Caminito, Tango 1926, Música: Juan de Dios Filiberto, Letra: Gabino Coria Peñaloza]

Cosa resta a noi, naufraghi travolti dai marosi del Destino e del Fato, persi tra le nebbie del Sogno Collettivo che chiamiamo Vita, dove anche il tempo perde ogni significato e d’un tratto dieci anni, un’eternità nella nostra gioventù, diventano improvvisamente una miseria, nel tempo presente? Resta l’orgoglio d’abbracciare con coraggio la verità e vivere quel che è, senza compromessi, senza adeguarci, senza qualcuno che ci dica cosa dobbiamo fare e come dobbiamo essere per essere accettati, perché siamo “cane che non ha padrone”. A noi vivere il nostro piccolo sogno nel presente, sfidando Fato e Destino, sfidando il tempo, sfidando il loro macinare i nostri sogni nel Sogno Totale.

“Chiedo permesso Signori, perché questo tango parla per me e la mia voce tra le sue note dirà, perché canto così … Mi son fatto Tango perché è coraggioso, forte, ha qualcosa della Vita, ha qualcosa della Morte… Perché ho amato molto, perché mi hanno ingannato, e ho passato la mia vita a rimescolare i sogni… Perché sono un albero che visse senza fiori, perché sono un cane che non ha padrone…” [Por qué canto así, Tango 1943, Música: José Razzano, Letra: Celedonio Flores].

Vivere e continuare ad amare la vita, il nostro piccolo sogno presente, superando con consapevolezza la “herida absurda” del vivere poiché “sognare è senza dubbio vivere”.

“… Sognare e nient’altro, con notti tranquille, che, misteriose, scorrono, cantando amore e beatitudine. Volare verso le stelle di divini splendori e, in quell’eternità, vivere un ideale… Sognare e nient’altro! Non svegliarti se sogni ciò che vuoi, che senza dubbio sognare è vivere… Mentre la tua anima intravede tenerezza, vedrai, bella ragazza, che il mondo è felice. Svegliarsi significa uccidere la speranza e affrontare la crudele realtà…” [Soñar y nada más, Vals 1943, Música: Francisco Canaro, Letra: Ivo Pelay]

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